Riflessione di Andrea Ventura (@aven9045).
C’è un tema che mi ha fatto molto pensare e mi ha convinto a riaprire Substack, per la centesima volta. Lo so, sono pessimo.
Ma va bene così.
Andiamo con ordine: gli scrittori sono artisti o sono venditori?
Io sono un artista. Okay, non indosso il basco e non ho le mani impiastricciate di colore, ma la scrittura è un’arte tanto quanto il dipingere. Esistono sei arti, più la settima, un’ottava e il terzo millennio ne ha proposta una nona. Quali sono?
L’Architettura, la Scultura, la Pittura, la Musica, la Danza e, appunto, la Letteratura. Poi c’è il Cinema, la Fotografia e si è unito alla famiglia anche il Videogioco.
Ciascuna di queste arti ha le sue paturnie, ma a me interessa la Letteratura, dato che vivo di letture e tutte le persone che mi circondano parlano di questo.
È un lavoro a tempo pieno? Certo che sì, perché oltre a scrivere dobbiamo creare un botto di contenuti e devono anche essere accattivanti. E non solo, dobbiamo anche pubblicarli su social visivi, che è la cosa più controintuitiva che ci possa essere per un autore!
Lo so, so bene cosa mi direte: “L’era della scrittura romantica è finita, devi adeguarti a un mondo sempre più veloce e sempre più pretenzioso e capriccioso. Ciò che sapevi di marketing un mese fa potrebbe non bastare oggi.”
Bene, ma allora come la mettiamo con l’arte? Che la scrittura, o anche la Danza, sono arti lente. Serve tempo per impararle e serve tempo per metterle in pratica con profitto. E questo se vogliamo considerare solo il lavoro finito, perché io chiamo “profitto” anche la prima bozza. Deve essere chiaro.
E sia chiaro anche questo: ho chiamato i libri “lavori”, non “prodotti”, perché noi non stiamo vendendo saponi, né materassi. Con tutto il rispetto, ma non fanno parte delle sette, otto, nove arti.
Stiamo dando alla luce pezzi della nostra anima, il che rende la scrittura terribilmente seria da affrontare. Sono sicuro che anche gli scultori, i musici, gli architetti la pensano così. Pensare un edificio, raffigurare una statua, comporre sul pentagramma fa parte in maniera profondissima delle corde del nostro cuore.
È inconcepibile sottovalutare persino le prime bozze. Hemingway diceva che le sue prime bozze erano merda. Perché dovrebbe valere per tutti? E perché lui si sottovalutava così tanto?
Mettiamo caso che ci venga l’idea balzana di dare un prezzo monetario a quello che abbiamo creato. Questo significa che abbiamo un target, che dobbiamo scrivere pitch, sinossi e altri fegatelli brevi perché si sa, il mercato è veloce e le case editrici non hanno il tempo materiale per stare dietro a centinaia di mail tutte uguali.
Il mercato è veloce, è vero, ma noi stiamo trattando un’arte lenta. Ciò che stiamo creando potrebbe non vedere mai la luce, se stiamo attenti alle tendenze.
E soprattutto, se perdo tempo con le prime bozze allora non pubblico mai, e non sono produttivo, ed escono ottantamila e passa libri l’anno, e io sto fermo al palo, loro sì e io no… In poche parole, si crea un effetto domino che col Quindie sto cercando di spezzare per sempre.
A me non frega un tubo del mercato, né del marketing (tanto è sufficiente imparare due concetti soli), tant’è vero che io scrivo romanzi comici e mi occupo di poesia, cose che col mercato nulla hanno a che vedere.
Il capitalismo ci ha resi apatici, con la mente sempre più intorpidita, e non solo: ci sono le intelligenze artificiali che erano partite con il pretesto di essere “uno strumento” e adesso sono bell’e pronte per sostituire i grafici, i beta reader, persino le nostre prime bozze.
“Ah, ma in questo modo puoi occuparti di revisionare, limare, insomma la parte divertente di un autore”.
A parte che non è sempre vero. Ma che cosa limi, ché la base non è tua?!
Che cosa revisioni, che non hai scritto tu, ma un robot che si è alimentato di tutto ciò che esiste su Internet, tra l’altro consumando energia?
Una volta avuto il racconto completo, ciò che hai PRODOTTO (eh, stavolta il termine è d’uopo) lo sentirai ancora tuo?
Fate come volete, se la risposta è sì. Io mi tengo le mie prime bozze. E non sono merda.
Mi tengo le mie improvvisazioni di Poetry Slam. Che non sono merda.
Ariadne: Grazie a @il_quindieviduo per questa nuova, preziosa collaborazione!







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