Buondì writers! Oggi vi parlo di un’iniziativa davvero interessante, perché calza a pennello in questo periodo e soprattutto lo trovo un modo carino—oltre che per dare visibilità all’evento—anche per consigliarvi qualche lettura.
Sono venuta a conoscenza di questa premiazione lo scorso anno, quando mi è stata segnalata da qualcuno su Threads proprio perché parlavo del mio interesse verso il mondo della traduzione.
Il premio Annibal Caro viene conferito ogni anno dal 2017 come riconoscimento per lə traduttorə italianə. Le case editrici inviano i potenziali titoli candidati, il Comitato Tecnico-Scientifico seleziona tre finalisti, dopodiché è il pubblico a poter votare la traduzione che ritiene migliore. Ci si può infatti proporre come parte della “Cara giuria”, divisa per fasce d’età, e giocare un ruolo fondamentale nella scelta del vincitore.
Ogni mese, dopo la selezione finale, viene svelato il titolo di uno dei tre libri e la giuria è invitata a leggere l’opera e a condividere con il Comitato parole e passaggi che l’hanno più colpita in ciascun volume.
Da chi viene il nome di questo premio? Annibal Caro è stato un traduttore italiano vissuto nel XVI secolo e originario di Civitanova Marche, città dove si svolge la cerimonia di premiazione ogni anno il 6 giugno, data di nascita di Caro. Ebbene sì, è stata davvero una coincidenza carina scoprire che io e questo traduttore compiamo gli anni lo stesso giorno!
Per riassumere il tutto nelle parole stesse degli organizzatori di questa premiazione:
Il Premio Annibal Caro vuole valorizzare in chiave contemporanea il grande lavoro di mediazione culturale svolto dal letterato civitanovese, dando il giusto riconoscimento alla figura e al ruolo del traduttore che ci permette oggi di conoscere autori e autrici di altri paesi e di aprirci ad altre culture.
– Premio Caro, https://premiocaro.wordpress.com/
Lo scorso anno è stata la mia prima volta nella giuria, e ho assistito, seppur a distanza, alla vittoria della meravigliosa traduzione dall’arabo di Barbara Teresi per La casa dei notabili di Amira Ghenim, pubblicato da Edizioni e/o in Italia e di cui vi ho anche parlato in un mio post.
Quest’anno la terna finalista include una traduzione dall’inglese, una dal tedesco, e una dal russo.
Underjungle di James Sturz, traduzione di Ilaria Oddenino

Il primo titolo è Underjungle di James Sturz, tradotto da Ilaria Oddenino e pubblicato in Italia da Blu Atlantide. È stata una lettura davvero diversa dal solito per me, profondamente immersiva nel vero senso del termine. Proprio per questo mi ha sorpresa (in positivo) e anche molto incuriosita. Penso che la traduttrice abbia fatto davvero un ottimo lavoro, sono stata catturata da subito dal suo uso delle parole, scelte con cura per rendere la lettura permeante ed evocativa in italiano almeno tanto quanto può esserlo nella sua lingua originale.
Qui di seguito trovate la sinossi del libro:
Una strana e intelligente forma di vita, costituita da una vera e propria civiltà composta di tribù simili tra loro e tra loro in perenne conflitto, vive nascosta in fondo al mare. Un giorno il cadavere di un essere misterioso giunge fino a loro, nelle profondità oceaniche, illuminato da una luce che si fa più fredda a ogni metro. Mentre la notizia dell’improvvisa comparsa della creatura attraversa le correnti e le varie tribù accorrono per vederlo con i propri occhi, sorgono nuove spaventose domande, destinate a sconvolgere antichi equilibri e a mutare per sempre il rapporto degli abitanti dell’oceano con quanto finora hanno conosciuto, o creduto di conoscere. Underjungle, in cui gli esseri umani sono alieni in un universo altro e i mari del nostro pianeta lo sfondo dove è possibile scoprire di nuovo cosa significa amare, costruire un mondo e poi perderlo, è un romanzo poetico e metafisico, profondo come gli abissi nei quali si svolge. Una grande storia di amore e guerra ambientata interamente sott’acqua: come Guerra e pace, ma a tremila metri di profondità.
E anche un pezzettino delle parole che la traduttrice Ilaria Oddenino ha condiviso con la giuria riguardo all’esperienza con questo titolo:
…le sensazioni che ricordo più distintamente sono legate alla curiosità e allo stupore che ho provato per questo libro profondamente diverso da qualsiasi cosa avessi mai tradotto, un libro anche crudo, violento, ma punteggiato da immagini originali e poetiche, e scandito da un linguaggio al tempo stesso asciutto e ricchissimo. Ho passato tutta la scorsa estate nelle profondità oceaniche in compagnia di creature fantastiche che ho amato e disprezzato, e che nel progressivo svelarsi in tutte le loro sfaccettature mi hanno detto molto di questo mondo, di noi umani quassù.
I confidenti di Charlotte Gneuss, traduzione di Silvia Albesano

Il secondo libro è invece I confidenti di Charlotte Gneuss, tradotto da Silvia Albesano e pubblicato in Italia da Iperborea. Questa lettura è stata sicuramente molto diversa dalla precedente, decisamente più focalizzata sulla terraferma piuttosto che sul mondo subacqueo, e per questo forse ancora più difficile da navigare per noi lettorə, che non smettiamo mai di apprendere nuove cose sulla natura della nostra stessa specie. È stato il caso di questo libro, che mi ha permesso di esplorare la quotidianità di una realtà molto lontana dalla mia, eppure per tanti versi anche molto simile.
Sul contenuto del libro:
Estate 1976, un piccolo sobborgo di Dresda. Karin ha sedici anni e la sua vita ruota intorno a Paul, il suo primo grande amore, l’amica Marie, che sogna di diventare la prima donna ad andare sulla Luna, e la sorellina di cui si prende cura mentre i genitori si stanno lasciando. Quando Paul parte per una gita in moto in Cecoslovacchia, Karin si trova in casa la Stasi e scopre che il ragazzo è fuggito all’Ovest. Di colpo il mondo esterno e il regime, finora per lei innocua cornice del quotidiano, travolgono la sua esistenza. Perché Paul se n’è andato? Perché non le ha detto niente? È riuscito ad arrivare di là sano e salvo? Sola, smarrita, incompresa da chi la crede complice o evita le sue domande per non avere guai con l’apparato, Karin conduce in segreto la propria ricerca della verità, mentre il seducente funzionario Wickwalz comincia a farle visita regolarmente, offrendo conforto e risposte ai suoi dubbi e alle sue ferite, e diventando per lei l’unica presenza rassicurante. Credendosi tradita, Karin si scoprirà traditrice, intrappolata in un gioco manipolatorio in cui non può esistere l’innocenza. Con uno sguardo intimo ma di implacabile lucidità e una lingua tersa, essenziale, capace di rendere con poche pennellate complessità e sfumature, Charlotte Gneuss racconta l’incontro tra la libertà della giovinezza e il potere autoritario, ritraendo un mondo governato dall’ambiguità a cui è così facile adattarsi per sopravvivere, un mondo dove tutto sembra scivolare tra le dita, anche la morale.
Anche Silvia Albesano ha svolto un lavoro incredibile con questa traduzione, che ho apprezzato per il suo lessico, la cui immediatezza rendeva così semplice la comprensione di una realtà che a primo acchito non mi era familiare.
Nelle parole della traduttrice:
È una storia apparentemente piccola, concentrata nel tempo e nello spazio, eppure si può leggere come un romanzo di formazione, uno spaccato della vita nella DDR, una sorta di giallo o tutte queste cose insieme. È lucido, crudele, ma anche tenero, struggente, non dà risposte ma suscita – almeno per me è stato così – tante domande, anche su di noi, su come reagiremmo in determinate circostanze, su quanto siamo davvero consapevoli di quel che ci accade intorno e delle conseguenze dei nostri gesti, nel privato o all’interno delle comunità di cui facciamo parte.
Racconti di Sebastopoli di Lev Tolstoj, traduzione di Leonardo Marcello Pignataro

Infine, l’ultimo finalista è, per la prima volta, un classico: più precisamente uno della letteratura russa, ovvero Racconti di Sebastopoli di Lev Tolstoj, tradotto da Leonardo Marcello Pignataro e pubblicato in questa nuova edizione italiana da Voland.
Ho colto questa bellissima occasione per recuperare un classico che mi mancava all’appello, e posso dire che grazie al lavoro del traduttore, così come la cura dell’edizione, ho potuto apprezzare questa lettura all’apparenza più “difficile” da approcciare.
Vi lascio anche in questo caso le informazioni sul contenuto del libro:
Nel 1854 Tolstoj, appena ventiseienne, si trova sui bastioni come soldato d’artiglieria durante l’assedio di Sebastopoli. Davanti ai suoi occhi si rivela la realtà concreta della guerra: il panorama sfigurato dagli armamenti, la quotidianità degli abitanti che si trascina anche sotto i proiettili, morti e feriti ovunque. Muovendosi tra fango e colpi di mortaio, superando trincee e ospedali da campo, crolla la leggenda che ha già raggiunto la Russia intera e diventa chiaro che coloro che combattono sono in fin dei conti uomini ordinari, capaci di atti eroici ma anche di gesti codardi, di elevarsi verso più alti ideali ma anche di soccombere a sentimenti meschini. Una nuova traduzione per i giovanili Racconti di Sebastopoli di Lev Tolstoj, che consegnano al lettore un resoconto lucido e fedele delle diverse fasi dell’assedio, portando alla luce la verità passata sotto silenzio nei dispacci militari. Prefazione di Alessandro Barbero.
Non è facile farsi carico di una responsabilità come quella di riportare in una lingua diversa le parole di un autore che ha lasciato un’eredità così grande nel mondo della letteratura. Leonardo Marcello Pignataro ha svolto secondo me il compito in modo eccellente, e sono grata di aver potuto accedere a questo testo grazie al suo lavoro.
Anche lui ha condiviso qualcosa sulla sua esperienza (mantenendo anche in questo caso uno stile unico):
Leggere oggi queste pagine significa confrontarsi con l’inquietante consapevolezza che la storia non è passata, ma persiste. Leggere oggi della Crimea di ieri non è solo attualità: è un cerchio tragico che si chiude (o forse non si è mai aperto davvero). E a me fa male vedere che nulla è cambiato.
Così, questa traduzione non ha voluto attualizzare nulla: l’attualità, purtroppo, è già nei fatti. Ma ha voluto ascoltare — il suono delle marce, sì, ma anche quello delle riflessioni interiori; l’ironia che sgorga nei momenti più bui; il ritmo spezzato di una mente che si confronta con l’orrore, e cerca comunque un senso. Anche perché in questi miei racconti ho voluto raccontare la verità — o meglio, quella che mi piace chiamare “la verità della guerra” — non romanzata, non edulcorata, non epica. Già in queste “storie” — come sarebbe forse più giusto definirle — ho cercato un realismo che andasse contro la narrazione eroica dominante, e dare un taglio da “reportage”… altra bella rogna per il povero Leo.
Spero di avervi aperto gli occhi su qualche spunto interessante, e perché no, magari avervi anche allungato la TBR di un pochino. Quale titolo vi ha incuriosito di più?
Io mi asterrò dal mostrare una preferenza, per il momento, per mantenere segreto il mio voto che è già stato inoltrato. Vi farò però avere notizie sui risultati del 6 giugno!
Fino ad allora, vi saluto e vi aspetto alla prossima.
Arianna
The Last Writer







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